Pena e rieducazione

L’articolo 27 comma 2 della Costituzione stabilisce le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Evidentemente su questo principio il Ministero della Giustizia informa che è disponibile il nuovo catalogo per il Natale delle proposte della pasticceria della Casa circondariale “Due palazzi” di Padova all'insegna del motto “Un lavoro a regola d'arte per scoprire che si può ricominciare”. Pasticceria Giotto.

Disposizioni illegittime

In tema di licenziamento per giusta causa, obbedire a un ordine palesemente illegittimo, cioè costituente reato, non giustifica l’azione del lavoratore e tale situazione è sanzionabile fino al licenziamento. In sostanza il lavoratore al quale un superiore conferisce una disposizione che comporta la commissione di uno o più reati, può rifiutarsi ad adempiervi e dunque disattenderlo. Al contrario, quindi adempiervi, rappresenta un comportamento sanzionabile disciplinarmente fino a dar luogo a licenziamento per giusta causa (cfr. Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza n. 24334/2013, in Diritto e Giustizia). Resta fermo giustappunto il concetto di responsabilità penale che è sempre personale [1].


[1] Costituzione della Repubblica Italiana. Articolo 27, comma 1. La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

Dichiarazioni testimoniali

La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha riaffermato il principio secondo cui, ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione Europea dei diritti umani, affinché un accusato possa essere condannato è necessario che tutte le prove a carico devono normalmente essere assunte alla sua presenza in pubblica udienza, salvo eccezioni a tale principio da cui non derivino lesioni del diritto di difesa. Pertanto è ammissibile la lettura delle dichiarazioni testimoniali in precedenza rese qualora le stesse, in concreto, non abbiano avuto un ruolo decisivo nella statuizione di condanna (cfr. Sezione Quarta CEDU, 2013).

Pubblica sicurezza: ex buttafuori

Il «Personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi anche a tutela dell'incolumità dei presenti» [1], gli ex buttafuori per intenderci, è certamente tenuto alla tutela dell'incolumità degli avventori, pur tuttavia senza usurpare le pubbliche funzioni. Questo è il principio di diritto ribadito dalla Cassazione (cfr. Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza n. 4159/2013, in Diritto e Giustizia). Infatti, se da un lato la prassi seguita dai gestori di locali di intrattenimento e spettacolo (come ad esempio le discoteche) è in genere quella di affidare l’attività di controllo e di repressione delle condotte anomale ai cosiddetti buttafuori, dall’altro è bene ricordare che questi ultimi in base all’ordinamento vigente non rivestono alcuna funzione pubblica.


[1] Riferimenti normativi:


Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza (Regio Decreto 18.6.1931, n. 773 e successive modifiche).


Articolo 3, commi 7-13, della Legge 15.07.2009, n. 94.


Decreto Ministro dell'Interno 06.10.2009.

Bodyguard: gossip e diritto

Il bodyguard che si scaglia contro il paparazzo per sottrargli la macchina fotografica rischia un’incriminazione per tentata rapina. In questo senso i giudici della Corte Suprema di Cassazione hanno confermato la condanna a un addetto alla security ritenendo minacciosa la propria condotta nei confronti di un paparazzo che da giorni seguiva una soubrette con l’intento di carpire qualche foto per finalità di gossip (cfr. Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza n. 37407/2013, depositata il 12 settembre, in Diritto e Giustizia).

Diritti e doveri dei figli

A distanza di quasi un anno dall’emanazione della normativa in materia di filiazione [1], sollecito un’attenta riflessione sulla nuova novella di cui all’articolo 315 bis Codice civile a proposito di diritti e doveri della prole: «Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti. Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa». Ciò premesso, credo che questa norma riguardi da vicino anche chi nell’esercizio della propria professione spesso si trova a che fare con delicate vicende intra-familiari, mi riferisco in particolare agli investigatori privati.


[1] Legge 10 dicembre 2012, n. 219 “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali” (Gazzetta Ufficiale n. 293 del 17.12.2012). Entrata in vigore del provvedimento: 01.01.2013

Licenze di pubblica sicurezza

Seppur sussista ampia discrezionalità da parte dell’Autorità nel rilasciare o negare le licenze di pubblica sicurezza, tuttavia «la mera attribuzione di un fatto penalmente rilevante, in conseguenza di una denuncia dell’interessato per dei presunti reati di truffa e falso non meglio circostanziati, non costituisce, in assenza di univoci e dettagliati indizi (e prima che sia intervenuta la sentenza di condanna), elemento determinante e sufficiente per ritenere insussistente il requisito della buona condotta di cui al combinato disposto degli artt. 11 e 138, comma 1, R.D. n. 773/1931». Inoltre, «la prova della “possibilità di abuso” che ex art. 10 R.D. n. 773/1931 legittima il potere di sospensione del titolo, non può dirsi fornita con il generale riferimento ad una denuncia per reati di truffa e falso non meglio circostanziati e dettagliati» (cfr. Consiglio di Stato, Sezione III, Sentenza n. 4983/2013, depositata l'11 ottobre 2013).

Pubblica sicurezza

In materia di detenzione di armi è necessario avere uno specchiato curriculum. Nel caso in esame, il provvedimento di diniego alla detenzione era motivato con richiamo a una lunga serie di reati, illeciti amministrativi, inadempimenti di obbligazioni, eccetera, addebitati all’interessato nell’arco di circa un ventennio, sino all’attualità e con la considerazione che il soggetto è descritto dai Carabinieri come persona di «cattiva condotta morale e civile»; quindi con il convincimento da parte dell’Autorità preposta che lo stesso non dia pieno affidamento riguardo a un uso corretto e legittimo delle armi (cfr. Consiglio di Stato, Sezione III, Sentenza n. 4670/2013, depositata in segreteria il 19 settembre 2013).

Bologna: Ambiente Lavoro

A.N.Fo.S. dal 16 al 18 ottobre a Bologna per "Ambiente Lavoro" 14a edizione. Stand, opuscoli formativi, incontri, un numero speciale di Quotidiano Sicurezza. A.N.Fo.S. Associazione Nazionale Formatori della Sicurezza sul Lavoro si appresta ad abbracciare la nuova edizione di "Ambiente Lavoro 14° Salone della salute e sicurezza sul lavoro". Informazioni, novità, spazi aperti a consulenti, formatori della sicurezza. Presso lo stand A.N.Fo.S. sarà inoltre possibile richiedere informazioni sulle procedure e sulla piattaforma gestionale attivata dall’Associazione per permettere ai professionisti di richiedere l’attestazione di qualità. A.N.Fo.S. è stata inserita nell’elenco del Ministero dello Sviluppo Economico che racchiude le Associazioni che rilasciano attestato di qualità in tema di professioni nonancora organizzate in Ordini e Collegi, ai sensi della Legge n°4/2013. Le attestazioni, potranno essere rilasciate dall’Associazione ai professionisti che esercitino la propria attività sia in forma individuale che in forma associata, societaria,cooperativa o nella forma del lavoro dipendente (Quotidiano Sicurezza).

Ambiente e Corte di Giustizia

Il Consiglio di Stato rimette gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per quanto riguarda il possibile conflitto tra alcune disposizioni normative interne con i principi comunitari in materia ambientale. Il problema consiste nel fare chiarezza se la Pubblica Amministrazione possa o no imporre al proprietario di un’area inquinata le misure di messa in sicurezza e di bonifica; salvo che non sia stato egli stesso l’autore di tale inquinamento. In particolare: «Se i principi dell’Unione Europea in materia ambientale sanciti dall’art. 191, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e dalla direttiva 2004/35/Ce del 21 aprile 2004 (articoli 1 e 8, n. 3; tredicesimo e ventiquattresimo considerando) – in particolare, il principio “chi inquina paga”, il principio di precauzione, il principio dell’azione preventiva, il principio, della correzione, in via prioritaria, alla fonte, dei danni causati all’ambiente – ostino ad una normativa nazionale, quale quella delineata dagli articoli 244, 245, 253 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che, in caso di accertata contaminazione di un sito e di impossibilità di individuare il soggetto responsabile della contaminazione o di impossibilità di ottenere da quest’ultimo gli interventi di riparazione, non consenta all’autorità amministrativa di imporre l’esecuzione delle misure di sicurezza d’emergenza e di bonifica al proprietario non responsabile dell’inquinamento, prevedendo, a carico di quest’ultimo, soltanto una responsabilità patrimoniale limitata al valore del sito dopo l’esecuzione degli interventi di bonifica» (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Ordinanza n. 21/2013, depositata in segreteria il 25.9.2013).