lunedì 12 gennaio 2015

Islam e terrorismo

AbdulAzizNon è azzardato affermare che in particolar modo dal 2001, cioè dall'attacco al cuore degli Stati Uniti, il terrorismo internazionale è stato sempre più messo in connessione diretta (a mio modo di vedere sbagliando) con l'Islam, specie dove la definizione compare nei conflitti tra gruppi islamici ed ebraico-cristiani; ma in tali situazioni chi per una fazione è considerato terrorista, può viceversa dall'altra parte essere considerato un individuo che semplicemente combatte e accetta di morire per la libertà.


Paradossalmente, forse nemmeno tanto, questa reale situazione porta a ritenere che ognuna delle due interpretazioni sia legittima, soprattutto nel momento in cui è pronunciata e denunciata da chi in quel momento detiene il potere. Concetto rafforzato dal fatto che il termine terrorista è usato in molte altre situazioni per indicare chi combatte contro il predominio di uno stato che pretende di utilizzare la forza in modo “monopolistico e prevaricante”. Si pensi ad esempio a quegli stati che non consentono l’esistenza di forme di opposizione. È successo con i regimi totalitari del ‘900 europeo, il fascismo, il nazismo e quello sovietico, anche se è corretto precisare che in quest’ultima fattispecie gli oppositori erano tendenzialmente considerati controrivoluzionari (cfr. J. Goody, 2004, pp. 149-150, Islam ed Europa, Milano, Raffaello Cortina).


Ad ogni modo, visto l’oggetto specifico della mia riflessione, il caso più indicativo sembra ragionevolmente essere quello della Palestina degli anni Trenta, sempre del ‘900, quando (così scrive Goody): “gli ebrei si opposero al governo dei territori sotto mandato e alla sua politica di contenimento dell’immigrazione e, contemporaneamente, agli arabi che consideravano troppo minacciosa anche un’immigrazione ridotta. Alla fine i terroristi ebrei, grazie a un pesante appoggio esterno, proveniente soprattutto dagli Stati Uniti, sconfissero gli arabi e nel 1948 fondarono lo stato di Israele. I terroristi si trasformarono così nel governo legittimo. I nuovi terroristi diventarono invece i musulmani che avevano perso il controllo del paese” (ibidem). "Segue sotto".


Ebbene, anche se ho ben contezza del fatto che la storia non si fa con i ma e i se, mi chiedo ugualmente come la stessa sarebbe evoluta se si fosse dato seguito alle affermazioni del Re Saudita Abdul Aziz Al Saud rese durante un incontro segreto avuto nei primi mesi del 1945 con il Presidente americano Franklin Delano Roosevelt, almeno così come emerge da alcune autorevoli testimonianze ricostruite e mandate in onda dalla RAI.


Alla richiesta di Roosevelt: “Maestà vorrei chiederle un consiglio riguardo ad una questione interna. Molti dei miei elettori premono perché io riconosca lo stato israeliano in Palestina. Mi piacerebbe sapere quale è il suo pensiero a riguardo”. Re Aziz rispose: “Signor Presidente, ciò che Hitler ha fatto agli ebrei è stato terribile, davvero è la peggiore cosa che un uomo possa fare ad un suo simile. Detto questo, non capisco perché voi vogliate togliere della terra a noi per darla agli ebrei. Noi non abbiamo fatto nulla agli ebrei, se davvero volete fare qualcosa di utile per loro, perché non gli date una parte della Germania” (cfr. Saud. La dinastia del petrolio, in RAI, Dixit dal Mondo).


In conclusione, se la richiesta di Roosevelt dovesse essere considerata come una sorta di astuto mandato esplorativo in merito all'orientamento arabo sulla questione israeliano-palestinese, allora credo di poter affermare che Re Aziz ha dimostrato di essere stato astuto ancor di più!